Uno sguardo all'autore
Micol Di Veroli (Roma, 1976) è storico d’arte, critico e curatore indipendente. Dal 2010 al 2014 è stata docente di Fenomenologia delle arti contemporanee presso la R.U.F.A. di Roma. Collabora con diverse gallerie d’arte, spazi pubblici e museali realizzando progetti volti a promuovere e a sostenere l’arte contemporanea in Italia e all’estero. Ha pubblicato il libro Oltre ogni Limite, scrive per DROME magazine ed Exibart ed è stata direttore editoriale della testata online GlobArtMag.
EARTH&ART
a cura di Micol di Veroli
Immersa nelle sue reiterate abluzioni di concetti astratti ed automatismi psichici la pittura contemporanea rischia di lasciar immacolato il pubblico, senza offrire immagini che scuotono le radici stesse dell’io e si preclude l’occasione di forgiar in chi le guarda un segno indelebile di fascinoso disagio e ammirazione. Tale pochezza visiva si erge stolida e vuota nella sua baluginante prosopopea.
Francesca De Angelis, artista scevra di orpelli pretestuosi, getta le fondamenta del suo cammino emozionale su materici graffi di dolore ed immagini dalla fisicità presente ed ossessiva che trascinano la sensibilità delle cose comuni in turbine di forze superiori e conflitti naturali. Tali mezzi espressivi trascendono dalla mera sfera estetica e si discostano da un impulso puramente descrittivo e narrativo ma si rivolgono al centro nevralgico del nostro sentire.
L’ anarchica schiettezza dei soggetti appiattiti sulle loro stesse manifestazioni di solenne tristezza e sofferenza non rappresenta il sintomo malato di una ricerca ossessiva della crudeltà e della spietatezza ad ogni costo ma una vera e propria catarsi che libera sensazioni in bilico tra vita e morte le quali sfociano in una crescita di coscenza collettiva. Ed è proprio attraverso la raffigurazione della collettività che si può sottolineare la dignità di un verismo fatto di individui comuni: donne, vecchi, bambini di colore. Occhi che scrutano e si scrutano in cerca di un inaspettato sollievo, bocche spalancate troppo deboli per urlare, mani che artigliano l’aria in cerca di spazio vitale. Sono queste le coordinate che servono all’artista per tracciare una geografia dettagliata di una terra dal cuore ispessito dalla sua stessa arida indifferenza.
Una sperimentazione, quella di Francesca De Angelis, che senza falsi stereotipi genera sottili e molteplici affinità elettive, capaci di accostarsi ai viaggi introspettivi di illustri nomi dell’arte contemporanea.
Le tele pittoriche si insinuano rapide ed aggressive sin dentro il cuore degli scritti di Antonin Artaud, riportando alla luce brandelli di drammi esistenziali amplificati da una forza costrittiva dell’ ambiente simile a quella raffigurata da Francis Bacon. L’insistenza sul corpo come simulacro di estrema sofferenza si distende su strade impervie già battute da Jenny Saville.
Tutto questo fermento interiore si poggia frenetico su di una tecnica decisa ed affascinante. La pennellata ampia e nervosa inonda di luce e volume ogni composizione contribuendo ad eccentuare la carica violenta e compulsiva di un colore che artiglia drammaticamente l’immagine e la rende instabile, in continua evoluzione. Un perpetuum mobile che conferisce ad ogni scena un taglio cinematografico ove colori acidi e corrosivi combaciano e si discostano dai contorni dei soggetti principali. Il rosso esplode in ogni angolo colpendo i vibranti cromatismi di nero, trasformando la materia in un unico gesto dinamico e netto che sconvolge una superficie graffiata sino al limite. Verdi aspri e brusche sterzate bluastre si immergono in un giallo che per pochi istanti sembra arginare lo scorrer del tempo in attesa di un nuovo sconvolgimento. Il bianco sembra una luce che accende orbite spente ed il suo baluginar langue in angoli ove il buio sembra un eterno spicchio di nulla.
Con EartHeart Francesca De Angelis non si inalbera in vuote retoriche ove il contesto sociale diviene pretesto per un facile consenso ma al contrario concentra i suoi sforzi per offrirci l’incanto della sofferenza di una società anestetizzata e dimenticata. Un confronto duro ma dovuto con un voluttuoso masochismo che pone noi tutti di fronte ad una realtà che ferisce e crea sinistro turbamento ma nella sua struggente curiosità diviene espressione ideale della nostra anima.
Earth&art
a cura di Micol Di Veroli
Immersa nelle sue reiterate abluzioni di concetti astratti ed automatismi psichici la pittura contemporanea rischia di lasciar immacolato il pubblico, senza offrire immagini che scuotono le radici stesse dell’io e si preclude l’occasione di forgiar in chi le guarda un segno indelebile di fascinoso disagio e ammirazione. Tale pochezza visiva si erge stolida e vuota nella sua baluginante prosopopea.
Francesca De Angelis, artista scevra di orpelli pretestuosi, getta le fondamenta del suo cammino emozionale su materici graffi di dolore ed immagini dalla fisicità presente ed ossessiva che trascinano la sensibilità delle cose comuni in turbine di forze superiori e conflitti naturali. Tali mezzi espressivi trascendono dalla mera sfera estetica e si discostano da un impulso puramente descrittivo e narrativo ma si rivolgono al centro nevralgico del nostro sentire.
L’ anarchica schiettezza dei soggetti appiattiti sulle loro stesse manifestazioni di solenne tristezza e sofferenza non rappresenta il sintomo malato di una ricerca ossessiva della crudeltà e della spietatezza ad ogni costo ma una vera e propria catarsi che libera sensazioni in bilico tra vita e morte le quali sfociano in una crescita di coscenza collettiva. Ed è proprio attraverso la raffigurazione della collettività che si può sottolineare la dignità di un verismo fatto di individui comuni: donne, vecchi, bambini di colore. Occhi che scrutano e si scrutano in cerca di un inaspettato sollievo, bocche spalancate troppo deboli per urlare, mani che artigliano l’aria in cerca di spazio vitale. Sono queste le coordinate che servono all’artista per tracciare una geografia dettagliata di una terra dal cuore ispessito dalla sua stessa arida indifferenza.
Una sperimentazione, quella di Francesca De Angelis, che senza falsi stereotipi genera sottili e molteplici affinità elettive, capaci di accostarsi ai viaggi introspettivi di illustri nomi dell’arte contemporanea.
Le tele pittoriche si insinuano rapide ed aggressive sin dentro il cuore degli scritti di Antonin Artaud, riportando alla luce brandelli di drammi esistenziali amplificati da una forza costrittiva dell’ ambiente simile a quella raffigurata da Francis Bacon. L’insistenza sul corpo come simulacro di estrema sofferenza si distende su strade impervie già battute da Jenny Saville.
Tutto questo fermento interiore si poggia frenetico su di una tecnica decisa ed affascinante. La pennellata ampia e nervosa inonda di luce e volume ogni composizione contribuendo ad eccentuare la carica violenta e compulsiva di un colore che artiglia drammaticamente l’immagine e la rende instabile, in continua evoluzione. Un perpetuum mobile che conferisce ad ogni scena un taglio cinematografico ove colori acidi e corrosivi combaciano e si discostano dai contorni dei soggetti principali. Il rosso esplode in ogni angolo colpendo i vibranti cromatismi di nero, trasformando la materia in un unico gesto dinamico e netto che sconvolge una superficie graffiata sino al limite. Verdi aspri e brusche sterzate bluastre si immergono in un giallo che per pochi istanti sembra arginare lo scorrer del tempo in attesa di un nuovo sconvolgimento. Il bianco sembra una luce che accende orbite spente ed il suo baluginar langue in angoli ove il buio sembra un eterno spicchio di nulla.
Con EartHeart Francesca De Angelis non si inalbera in vuote retoriche ove il contesto sociale diviene pretesto per un facile consenso ma al contrario concentra i suoi sforzi per offrirci l’incanto della sofferenza di una società anestetizzata e dimenticata. Un confronto duro ma dovuto con un voluttuoso masochismo che pone noi tutti di fronte ad una realtà che ferisce e crea sinistro turbamento ma nella sua struggente curiosità diviene espressione ideale della nostra anima.
Uno Sguardo all'autore
Micol Di Veroli (Roma, 1976) è storico d’arte, critico e curatore indipendente. Dal 2010 al 2014 è stata docente di Fenomenologia delle arti contemporanee presso la R.U.F.A. di Roma. Collabora con diverse gallerie d’arte, spazi pubblici e museali realizzando progetti volti a promuovere e a sostenere l’arte contemporanea in Italia e all’estero. Ha pubblicato il libro Oltre ogni Limite, scrive per DROME magazine ed Exibart ed è stata direttore editoriale della testata online GlobArtMag.